Thénardier, giungendo sul tetto dell'Edificio Nuovo, aveva trovato il pezzo della corda di Brujon, che pendeva dalle sbarre della botola superiore del camino; ma poiché quell'estremità spezzata era troppo corta, non aveva potuto evadere al di sopra del corridoio di ronda, come avevano fatto Brujon e Gueulemer.
Quando dalla via Ballets si svolta in via Re di Sicilia, s'incontra quasi subito, a destra, un sordido spiazzo, sul quale sorgeva, nel secolo scorso, una casa della quale rimane soltanto il muro di fondo, vero muro di catapecchia, che s'innalza all'altezza d'un terzo piano fra gli edifici vicini. Quella rovina è riconoscibile da due grandi finestre quadrate che si scorgono tuttora; la finestra di mezzo, la più vicina al fianco destro della casa, è sbarrata da una trave fradicia, messa lì come puntello. Attraverso quelle rovine, un tempo, si distingueva un'alta e cupa muraglia, ch'era un tratto del recinto del corridoio di ronda della Force.
Il vuoto che la casa demolita ha lasciato sulla via è riempito per metà da una palizzata di tavole imputridite, sorretta da cinque pilastrini di pietra; in quel recinto si cela una baracchetta, appoggiata alla rovina rimasta in piedi. La palizzata ha una porta che, pochi anni or sono, era chiusa solo col saliscendi.
E appunto sulla cresta di quella rovina Thénardier era giunto, poco dopo le tre del mattino.
Come aveva fatto ad arrivare fin là? Nessuno ha mai saputo spiegarlo, né capirlo. I lampi avevan dovuto ad un tempo incomodarlo ed aiutarlo.
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