Ed è contristante che la facoltà di pensare dell'uomo possa essere ricacciata tanto in basso, che possa esser trascinata e legata là dalle oscure tirannie della fatalità, attaccata a chissà quali ritorte, in quel precipizio!
Oh, povero pensiero dei miserabili!
Ahimè! E nessuno verrà in soccorso dell'anima umana, in quell’ombra? È suo destino d'attender là per sempre lo spirito, il liberatore, l'immenso cavaliere dei pegasi e degli ippogrifi, il combattente del color dell'aurora, che scende dall'azzurro fra due ali, il radioso cavaliere dell'avvenire? Dovrà sempre chiamare invano al suo soccorso la lancia di luce dell'ideale? È proprio condannata a sentir venire spaventosamente nelle profondità dell'abisso il Male e ad intravedere, sempre più vicina, sotto le acque orribili, quella testa di drago, quelle fauci che masticano la schiuma e quella serpeggiante ondulazione di artigli, di rigonfiamenti e di anelli? È necessario che rimanga laggiù, senza un bagliore, senza speranza, abbandonata, vagamente annusata dal mostro formidabile che sta per avvicinarsi a lei che, fremente e scapigliata, si torce le mani, incatenata per sempre alla rupe della notte, cupa Andromeda candida e nuda nelle tenebre?
III • GERGO CHE PIANGE E GERGO CHE RIDECome si vede, tutto il gergo, tanto quello di quattrocento anni or sono quanto quello d'oggi, è penetrato di quel cupo spirito simbolico che dà a tutte le parole, ora un portamento dolente, ora un'aria minacciosa. Vi si sente la vecchia tristezza selvatica di quei paltonieri della Corte Dei Miracoli che giocavano a carte con mazzi particolari, alcuni dei quali ci sono stati conservati; l'otto di fiori, per esempio, rappresentava un grande albero che portava otto foglie di trifoglio, sorta di fantastica personificazione della foresta, e, ai piedi di esso, si vedeva un fuoco acceso, sul quale tre lepri facevano arrostire allo spiedo un cacciatore e dietro, sopra un altro fuoco, una pentola fumante, dalla quale usciva una testa di cane.
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Male Andromeda Corte Dei Miracoli
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