Le malattie feudali e monarchiche non sono più nel nostro sangue; non v'è più medio evo nella nostra costituzione. Non siamo più ai tempi in cui spaventevoli sommovimenti sismici irrompevano, si sentiva sotto i piedi il correre oscuro d'un rumore sordo, apparivano alla superficie della civiltà taluni rigonfiamenti da gallerie di talpe, il suolo si spaccava e la vòlta delle caverne s'apriva e si vedevano ad un tratto uscir dalla terra mostruose teste.
Il senso rivoluzionario è morale. Il sentimento del diritto, sviluppato, sviluppa il sentimento del dovere. La legge di tutti è la libertà, che finisce dove incomincia la libertà altrui, secondo la mirabile definizione di Robespierre. Dall'89 in poi, tutto il popolo si dilata nell'individuo sublimato; non v'è povero che, con il suo diritto, non abbia il suo raggio; il morto di fame sente in sé l'onestà della Francia; la dignità del cittadino è una armatura interiore; chi è libero è scrupoloso; chi vota regna. Da ciò l'incorruttibilità, da ciò l'aborto delle malsane cupidigie, da ciò gli occhi eroicamente abbassati davanti alle tentazioni. Il risanamento rivoluzionario è tale che, in un giorno di liberazione, un 14 luglio o un 10 agosto, non v'è più popolaccio. Il primo grido delle folle illuminate e in via di sviluppo è: «Morte ai ladri!» Il progresso è galantuomo e l'ideale e l'assoluto non rubano. Da chi furon scortati, nel 1848, i convogli che contenevano le ricchezze delle Tuileries? Dai cenciaiuoli del sobborgo Saint'Antoin.
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