Nell'attesa, nessuna fermata, nessuna esitazione, nessuna battuta di aspetto nella grandiosa marcia in avanti delle menti. La filosofia sociale è essenzialmente scienza della pace; essa ha per scopo e deve avere per risultato la scomparsa delle collere mediante lo studio degli antagonismi; esamina, scruta e analizza, poi ricompone. Procede per via di riduzione, togliendo da tutto l'odio.
      Più d'una volta si è veduto una società inabissarsi al vento che si scatena sugli uomini; e la storia è piena di naufragi di popoli e d'imperi. Un bel giorno quell'ignoto, che è l'uragano, passa e porta seco costumi, leggi e religioni. Le civiltà dell'India, della Caldea, della Persia, della Assiria e dell'Egitto sono scomparse l'una dopo l'altra; perché? Lo ignoriamo. Quali sono le cause di questi disastri? Non lo sappiamo. Avrebbero potuto esser salvate, quelle società? È stata loro colpa? Si sono forse ostinate in qualche vizio fatale che le ha perdute? Che quantità di suicidio v'è in quelle morti terribili d'una nazione e d'una razza? Domande senza risposta: l'ombra ricopre queste civiltà condannate. Dovevano avere una falla, dal momento che sono state inghiottite. Non possiamo dire di più e guardiamo con una specie di sgomento, in fondo a quel mare che si chiama il passato, dietro quelle onde colossali, colare a picco, immense navi, Babilonia, Ninive, Tarso, Tebe, Roma, sotto lo spaventoso soffio che esce da tutte le bocche delle tenebre. Ma se là sono tenebre, qui è luce. Ignoriamo le malattie delle civiltà antiche, ma conosciamo le infermità della nostra: abbiamo dovunque su lei il diritto di luce, e mentre contempliamo le sue beltà ne mettiamo a nudo le deformità. Scandagliamo là dove essa sente male e, quando abbiamo constatato il dolore, lo studio della causa conduce alla scoperta del rimedio.