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      Due giorni di seguito erano troppi; tornò indietro svelto, abbandonando il viale e cambiando strada, così da arrivare in via Plumet da via Monsignore.
      Così Eponina lo seguì fino in via Plumet, cosa che non aveva ancor fatto, poiché fino allora s'era accontentata di scorgerlo al suo passaggio sul viale, senza cercare d'incontrarlo e solo il giorno prima aveva cercato di parlargli.
      Dunque, Eponina lo seguì, senza ch'egli se ne accorgesse. Lo vide scostare la sbarra della cancellata e introdursi furtivamente nel giardino.
      «To!» disse. «Entra in casa!»
      S'avvicinò alla cancellata, tastò le sbarre l'una dopo l'altra e riconobbe facilmente quella che Mario aveva spostata. Allora mormorò fra sé, con tristezza:
      «Così non va, Lisetta
      Sedette sullo zoccolo della cancellata, proprio a fianco di quella sbarra, come le facesse la guardia. In quel punto la cancellata veniva a toccare il muro vicino; e v'era là un cantuccio oscuro, in cui Eponina spariva quasi completamente.
      Rimase così più d'un'ora, senza muoversi e senza fiatare, in preda alle sue idee. Verso le dieci di sera, uno dei due o tre passanti della via Plumet, un vecchio borghese ritardatario che si affrettava in quel luogo deserto e malfamato, mentre costeggiava la cancellata del giardino, udì giunto all'angolo che questa formava col muro, una voce sorda e minacciosa che diceva:
      «Non mi stupisco più ch'egli venga ogni sera!»
      Il passante girò intorno lo sguardo, non vide nessuno, non osò guardare in quel cantuccio nero e affrettò il passo.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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