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      «Nemmeno di voi!»
      Poi proseguì, girando sui banditi il fosco sguardo da spettro:
      «Cosa importa che domani mi raccolgano in via Plumet sul selciato, ammazzata a coltellate da mio padre, oppure che mi trovino fra un anno nelle reti di Saint-Cloud o all'isola dei Cigni, in mezzo ai vecchi turaccioli marciti e ai cani annegati?»
      Fu costretta ad interrompersi assalita da una tosse secca; il fiato le usciva come un rantolo dal petto piccolo ed esile. Ma riprese:
      «Solo che gridi, vengon tutti, e patatrac! Voi siete sei: io sono tutti.»
      Thénardier fece un movimento verso di lei.
      «Non v'avvicinate!» ella gridò.
      Egli si fermò e le disse piano:
      «Ebbene, no. Non m'avvicinerò; ma non parlare così forte. Vuoi dunque impedirci di lavorare, figlia mia? Bisogna che ci guadagniamo da vivere; non vuoi più bene a tuo padre?»
      «Uff, mi seccate,» disse Eponina.
      «Bisogna bene che viviamo anche noi, che mangiamo...»
      «Crepate.»
      Detto questo, sedette sullo zoccolo della cancellata, cantarellando:
     
      Il mio braccio grassoccio,
      La mia gamba ben fatta,
      Ed il tempo perduto.
     
      Teneva il gomito sulle ginocchia e il mento nella mano, dondolando il piede con indifferenza. La sua veste bucata lasciava vedere le clavicole magre ed il vicino lampione illuminava il suo profilo e la sua figura; nulla era più risoluto e sorprendente.
      I sei assassini, stupefatti e avviliti d'esser tenuti in iscacco da una ragazza, si riunirono sotto l'ombra del lampione e tennero consiglio con una serie di alzate di spalle umiliate e furiose. Ella, nel contempo, li guardava tranquilla e selvaggia.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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