Tu mi vedi solo di notte e mi dai il tuo amore; se mi vedessi di giorno, mi daresti un soldo! Venire in Inghilterra! Oh, non ho i mezzi da pagare il passaporto!»
Si gettò contro un albero vicino, in piedi, colle braccia sopra il capo e la fronte contro la scorza, senza sentire il legno che gli scorticava la pelle, né la febbre che gli martellava le tempie, immobile e in procinto di cadere, come la statua della disperazione.
Rimase così a lungo: si resterebbe in quegli abissi per tutta l'eternità. Finalmente si voltò; sentiva dietro di sé un piccolo rumore soffocato, dolce e triste.
Era Cosette che piangeva. Da oltre due ore ella piangeva, vicino a Mario, che pensava.
Egli le si avvicinò, cadde in ginocchio e, prosternandosi lentamente, le prese la punta del piedino, che le usciva di sotto alla gonnella. e la baciò. Ella lasciò fare in silenzio; vi sono momenti in cui la donna accetta, come una dea triste e rassegnata, la religione dell'amore.
«Non piangere,» le disse.
Ella mormorò:
«Dal momento ch'io forse andrò via e tu non puoi venire!»
Egli riprese:
«Mi ami?»
Ella gli rispose singhiozzando quella parola di paradiso che non è mai tanto incantevole, quanto fra le lagrime:
«T'adoro.»
Egli proseguì con un suono di voce ch'era ineffabile carezza:
«Non piangere. Vuoi non piangere più, per farmi un piacere?»
«E tu mi ami, tu?» ella chiese.
Egli le prese una mano:
«Cosette, non ho mai dato la mia parola d'onore a nessuno, perché mi fa paura; sento che mio padre m'è vicino. Ebbene: ti do la mia parola d'onore più sacra che, se te ne andrai, morirò.»
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