Oh, come sarò triste! E cosa farai, dimmi, domani sera?»
«Tenterò una cosa.»
«Allora io pregherò Dio e penserò a te fino a quel momento, perché tu riesca. Non ti faccio più nessuna domanda, dal momento che non vuoi: tu sei il mio padrone. Domani passerò la serata a cantare quella musica dell'Euriante che ti piace e che una sera sei venuto a sentire dietro le mie imposte. Però, dopodomani vieni presto; t'aspetterò di sera, alle nove precise, ti avviso. Mio Dio, com'è triste che i giorni sian tanto lunghi! Alle nove in punto sarò in giardino, capito?»
«Anch'io.»
E senza esserselo detto, mossi dallo stesso pensiero, trascinati da quelle correnti elettriche le quali pongono due amanti in comunicazione continua, inebbriati entrambi di voluttà perfino nel dolore, caddero nelle braccia l'uno dell'altra, senza accorgersi che le loro labbra s'erano congiunte mentre i loro sguardi rivolti in alto, traboccanti d'estasi e pieni di lagrime, contemplavano le stelle.
Quando Mario uscì, la via era deserta. Era il momento in cui Eponina stava seguendo i banditi fino sul viale.
Mentre Mario stava pensando, colla testa appoggiata contro l'albero, una idea gli aveva attraversato la mente; un'idea, ahimè! ch'egli stesso giudicava insensata e impossibile. Aveva preso una decisione risoluta.
VII • CUOR VECCHIO E CUOR GIOVANE DI FRONTEA quel tempo, papà Gillenormand aveva i suoi novantun anni suonati. Abitava sempre colla signorina Gillenormand in via Filles-du-Calvaire, numero 6, nella vecchia casa di sua proprietà. Era, i lettori ricorderanno, uno di quei vegliardi d'antico stampo, che aspettano la morte impettiti, che l'età aggrava senza piegare e che neppure il dispiacere riesce a curvare.
| |
Dio Euriante Dio Mario Eponina Mario Gillenormand Gillenormand Filles-du-Calvaire
|