Di tanto in tanto, mentre camminava lungo i viali più deserti, gli pareva di sentire strani rumori in Parigi; allora usciva dalla sua fantasticheria e diceva: «Si battono, forse?»
Sul cader della notte, alle nove precise, come aveva promesso a Cosette, era in via Plumet. Quando s'avvicinò alla cancellata, dimenticò tutto; da quarantott'ore non aveva riveduto Cosette e adesso stava per rivederla. Ogni altro pensiero si cancellò e non sentì più altro, fuorché una gioia indescrivibile e profonda. Quei minuti durante i quali si vivono secoli interi hanno sempre questa superiorità mirabile: che, cioè, nel momento in cui trascorrono riempiono interamente il cuore.
Mario scostò la sbarra del cancello e si precipitò nel giardino: Cosette non era al posto dove soleva aspettarlo. Egli attraversò il macchione e si recò alla specie di nicchia vicina alla scalinata: «M'aspetta là,» disse fra sé. Ma Cosette non v'era. Alzò gli occhi e vide che le imposte della casa eran chiuse; fece il giro del giardino e lo trovò deserto. Allora tornò verso la casa e, pazzo d'amore, ebbro, spaventato, disperato di dolore e d'inquietudine, come un padrone che rientri in casa ad una brutta ora, bussò alle imposte: bussò e tornò a bussare, a rischio di vedere la finestra aprirsi e la faccia cupa del padre apparire e chiedergli: «Che cosa volete?» Ma questo non era nulla in confronto di quello che gli intravedeva. Quand'ebbe bussato, alzò la voce e chiamò Cosette. «Cosette!» gridò. «Cosette!» ripetè imperiosamente.
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