Del resto, Mabeuf aveva continuato a discendere.
      Le esperienze sull'indaco non eran meglio riuscite al Giardino Zoologico di quanto non lo fossero nel suo giardinetto d'Austerlitz. Dall'anno precedente era in debito del salario verso la governante; ora, come si è visto, doveva anche le rate del fitto. Il monte di pietà, scaduto il termine di tredici mesi, aveva venduto le tavole di rame della sua Flora, un calderaio ne aveva ricavato casseruole; scomparse le lastre, non potendo più completare neppure gli esemplari scompagnati della Flora ch'egli ancor possedeva, aveva ceduto a vil prezzo a un libraio rivendugliolo tavole e testo, come scarti. Non gli era rimasto più nulla dell'opera di tutta la sua vita. Cominciò a mangiare il denaro di quegli esemplari; e quando vide che quei meschini mezzi andavano esaurendosi, rinunciò al giardino e lo lasciò incolto. Da tempo, da molto tempo, aveva rinunciato alle due uova e al pezzo di manzo che soleva mangiare ogni tanto, e cenava con pane e patate; aveva venduto i suoi ultimi mobili, poi tutto quanto aveva di superfluo in materia di arredi, d'abiti e di coperte, poi i suoi erbarî e le sue incisioni. Ma aveva ancora i libri più preziosi, fra i quali parecchi di grande rarità come i Quadri storici della Bibbia, edizione del 1560, la Concordanza delle Bibbie di Pietro di Besse, le Margherite di Margherita di Jean de la Haye, con dedica alla regina di Navarra, il Libro della Carica e dignità dell'ambasciatore, di Villiers Hotman, un Florilegium rabbinicum del 1644, un Tibullo del 1567 con questa splendida iscrizione: Venetiis, in aedibus, Manutianis, e infine un Diogene Laerzio, stampato a Lione nel 1644 e nel quale si trovavano le famose varianti del manoscritto 411, tredicesimo secolo, del Vaticano, e quelle dei due manoscritti di Venezia, 393 e 394, così fruttuosamente consultati da Henri Estienne, e tutti i passaggi in dialetto dorico, che si trovano solo nel celebre manoscritto del dodicesimo secolo, nella biblioteca di Napoli.