Il suffragio universale ha questo di meraviglioso, che dissolve la sommossa dal principio e dando il voto all'insurrezione, le toglie le armi. La scomparsa delle guerre, sia quella della piazza o quella delle frontiere, è lo scopo del progresso inevitabile; qualunque cosa ci sia oggi, la pace rappresenta il Domani.
Del resto, insurrezione o sommossa, il borghese propriamente detto ignora in che cosa la prima differisca dalla seconda; egli conosce pochissimo queste sfumature. Per lui, tutto è sedizione, ribellione pura e semplice, rivolta del mastino contro il padrone, tentativo di mordere, di abbaiare e ringhiare, da punire colla catena e colla cuccia; fino al giorno in cui la testa di cane, ingrandita ad un tratto, si abbozza vagamente nell'ombra col muso di leone.
Allora il borghese grida: «Viva il popolo!»
Data questa spiegazione, cos'è, per la storia, il moto del giugno 1832?
È una sommossa? È un'insurrezione?
È un'insurrezione.
Potrà capitarci in questa presentazione d'un evento terribile di dire talvolta la sommossa; ma solo per qualificare i fatti superficiali, e mantenendo sempre la distinzione fra la forma di una sommossa e quella di una insurrezione.
Quel moto del 1832 ebbe, nella sua rapida esplosione e nella sua dolorosa fine, tanta grandezza, che quegli stessi che videro in esso una sommossa ne parlano con rispetto. Per costoro, esso è un residuo del 1830; le immaginazioni commosse, così essi dicono, non si calmano in un sol giorno, né una rivoluzione può compiersi a picco.
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