Nulla di più strano; questa è la caratteristica delle sommosse di Parigi, che non si ritrova in nessun'altra capitale. Occorrono all'uopo due cose, la grandezza di Parigi e la sua allegria; bisogna essere la città di Voltaire e di Napoleone.
      Pure stavolta, nella sollevazione armata del 5 giugno 1832, la grande città sentì qualche cosa che, forse, era più forte di lei: ebbe paura. Si videro dappertutto, anche nei quartieri più lontani e più «disinteressati», le porte, le finestre e le imposte chiuse in pieno meriggio. I coraggiosi si armarono, i poltroni si nascosero. Scomparve il passante noncurante e affaccendato, e molte vie rimasero deserte, come alle quattro del mattino. Circolavano particolari allarmanti e si diffondevano notizie fatali: Che essi eran padroni della Banca; che, solo nel chiostro di Saint-Merry, erano seicento, trincerati e appostati nella chiesa, che la fanteria non era sicura; che Armando Carrel s'era recato a trovare il maresciallo Clauzel e che il maresciallo gli aveva detto: «Cominciate ad aver dalla vostra un reggimento;» che Lafayette era ammalato, ma aveva detto loro ugualmente: Sono con voi e vi seguirò dovunque vi sarà posto per una barella; che bisognava stare in guardia; che di notte avrebbero saccheggiato le case isolate nei punti deserti di Parigi (e qui si riconosceva l'immaginazione della polizia, ch'è una Anna Radcliffe congiunta al governo); che in via Aubry-le-Boucher era stata piazzata una batteria; che Lobau e Bugeaud stavano mettendosi d'accordo e che a mezzanotte, o al più sul far del giorno, quattro colonne avrebbero puntato sul centro della sommossa, provenendo, la prima dalla Bastiglia, la seconda dalla Porta Saint-Martin, la terza dalla Grève e la quarta dai mercati; che, forse, le truppe avrebbero invece evacuato Parigi, ritirandosi al Champ de Mars; che non si sapeva che cosa sarebbe capitato, ma certo, stavolta la cosa era grave.