Si era preoccupati delle esitazioni dei maresciallo Soult: perché non assaliva subito? Certo era molto preoccupato; il vecchio leone pareva fiutasse in quell'ombra un mostro ignoto.
Giunse la sera ed i teatri si aprirono, le pattuglie circolavano con aria poco rassicurante; i passanti venivano frugati ed i sospetti arrestati. Alle nove, eran più di ottocento le persone arrestate: la prefettura di polizia era gremita di gente, gremita era la Conciergerie, gremita la Force. Alla Conciergerie, in particolare, il lungo sotterraneo chiamato la via di Parigi era seminato di mucchi di paglia, sui quali giacevano ammassati prigionieri che l'uomo di Lione, Lagrange, arringava con coraggio. Tutta quella paglia, smossa da tutta quella gente, faceva il rumore d'un acquazzone. Altrove i prigionieri si coricavano all'aperto nei cortili delle carceri, gli uni sugli altri. L'ansia era dovunque, insieme ad un certo subbuglio, poco abituale a Parigi.
Nelle case si barricavano; le mogli e le madri erano inquiete; non si sentiva altro che la frase: O mio Dio! Non è tornato a casa! Raramente si sentiva in lontananza il rumore delle ruote di una carrozza. Sulle soglie delle porte si stava in ascolto dei rumori, delle grida, dei tumulti, dei fracassi sordi ed indistinti, dei quali si diceva: È la cavalleria, oppure Sono i cassoni che galoppano, dei clarini, dei tamburi, della moschetteria e sopra tutto di quel triste rintocco a stormo di Saint-Merry. Tutti aspettavano la prima cannonata. All'angolo delle vie sbucavano uomini, armati, che scomparivano poi, gridando: «Rientrate in casa!
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