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      Un po' più di quindici palmi d'altezza.»
      «Bel cavallo!» fece il parrucchiere.
      «Era la cavalcatura di sua maestà.»
      Il parrucchiere sentì che, dopo questa frase, un po' di silenzio era opportuno; vi si conformò, poi riprese:
      «L'imperatore fu ferito una volta sola, nevvero, signore?»
      Il vecchio soldato rispose, coll'accento calmo e sovrano dell'uomo ch'era presente:
      «Al tallone. A Ratisbona. Non lo vidi mai così ben vestito come in quel giorno; era lindo come uno specchio.»
      «E voi, signor veterano, dovete esser stato ferito parecchie volte.»
      «Io?» disse il soldato. «Oh, mica tanto! Ho ricevuto a Marengo due sciabolate sulla nuca, una palla nel braccio destro ad Austerlitz, un'altra nel fianco sinistro a Iena, e a Friedland una baionettata qui, alla Moscova sette od otto colpi di lancia non so dove e a Lutzen una scheggia d'obice, che m'ha fracassato un dito... Ah! E poi, a Waterloo, una scheggia di mitraglia nella coscia. Nient'altro.»
      «Com'è bello,» esclamò il parrucchiere con accento pindarico «morire sul campo di battaglia! Sulla mia parola, piuttosto che crepare in un letto, di malattia, lentamente, un po' per giorno, colle medicine, i cataplasmi, i serviziali e il medico, preferirei ricevere una cannonata nel ventre.»
      «Non siete di cattivo gusto,» fece il soldato; ma non aveva ancora finito, quando uno spaventoso fracasso fece tremare la bottega. Un vetro della vetrina s'era spezzato.
      Il parrucchiere divenne bianco come un cencio.
      «O Dio!» gridò. «Eccone una!»
      «Cosa?»
      «Una palla da cannone.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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