Proprio in quella casa, di soli due piani, era allegramente sistemata da trecent'anni una bettola illustre. Quella bettola echeggiava di giocondi rumori proprio nel luogo che il vecchio Teofilo ha indicato in codesti due versi:
Colà oscilla lo scheltro spaventoso,
D'un che s'appese per negato amor.
E, poiché il posto era buono, i bettolieri vi si succedevano di padre in figlio.
Ai tempi di Maturin Régnier, quella bettola si chiamava il Vaso di Rose e, siccome allora i rebus eran di moda, essa aveva per insegna un palo dipinto in rosa. Nel secolo scorso, essendosi il degno Natoire, uno dei maestri fantasiosi oggidì ripudiati dalla rigida scuola, ubriacato parecchie volte in quella taverna, proprio alla stessa tavola dove Régnier s'era rimpinzato, egli aveva dipinto per riconoscenza un grappolo d'uva di Corinto sul palo rosa. Dalla gioia, il bettoliere aveva cambiato l'insegna, facendo dorare sotto il grappolo queste parole: All'Uva di Corinto. Da ciò quel nome, Corinto. Non essendovi per gli ubriaconi nulla di più naturale delle ellissi, dato che l'ellisse è il zig zag della frase, Corinto, aveva a poco a poco detronizzato il Vaso di Rose. L'ultimo oste della dinastia, papà Hucheloup, che non conosceva nemmen più la tradizione, aveva fatto dipingere il palo in celeste.
Una sala a terreno, dove stava il banco, una sala al primo piano, in cui era il bigliardo, una scala di legno a spirale che traversava il soffitto, sulle tavole il vino, sui muri il fumo e candele accese in pieno giorno, tale era la taverna.
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