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      Le Cabuc, vinto, non tentava più di dibattersi e tremava membro a membro. Enjolras lo lasciò andare e cavò di tasca l'orologio.
      «Raccogliti,» gli disse. «Prega o pensa: hai un minuto.»
      «Grazia!» mormorò l'assassino; poi chinò il capo e balbettò qualche bestemmia inarticolata.
      Enjolras non abbandonava collo sguardo l'orologio; lasciò passare il minuto, poi rimise l'orologio nel taschino. Fatto questo, prese per i capelli Le Cabuc, che gli si rannicchiava contro le ginocchia, urlando, e gli appoggiò all'orecchio la canna della pistola. Molti di quegli uomini intrepidi, ch'eran così tranquillamente entrati nella più spaventosa delle avventure, volsero altrove il capo.
      Si sentì il colpo, l'assassino cadde sul lastrico a fronte in giù e Enjolras s'alzò, girando intorno lo sguardo convinto e severo.
      Poi spinse col piede il cadavere e disse:
      «Buttatelo fuori.»
      Tre uomini sollevarono il corpo del miserabile, che le ultime convulsioni della vita fuggente agitavano ancora, e lo gettarono al disopra della piccola barricata, nella viuzza Mondétour.
      Enjolras era rimasto sopra pensiero. Ignote tenebre grandiose si spandevano lentamente sulla sua terribile serenità; ad un tratto egli alzò la voce e tutti tacquero.
      «Cittadini,» disse Enjolras «ciò che ha fatto quest'uomo è spaventoso e quel che ho fatto io è orribile. Egli ha ucciso, e perciò io l'ho ucciso: ho dovuto farlo, perché l'insurrezione deve avere la propria disciplina. L'assassinio è un delitto qui, più che altrove; siamo sotto gli sguardi della rivoluzione, siamo i sacerdoti della repubblica, siamo le ostie del dovere, è necessario che non si possa calunniare la nostra battaglia.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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