Era una cosa orribile; ma che farci? Vivere senza Cosette non poteva; dal momento ch'ella era partita, bisognava bene ch'egli morisse. Non le aveva forse data la sua parola d'onore che sarebbe morto? Ell'era partita, sapendolo; dunque, le piaceva che Mario morisse. Eppoi era chiaro che ella non l'amava più, poiché se n'era andata così, senza avvertirlo, senza una parola, senza una lettera, pur avendo il suo indirizzo! A che scopo vivere, e perché, ormai? E poi, come! Esser giunto fin lì, ed indietreggiare! Essersi avvicinato al pericolo, e fuggire! Esser venuto a guardare nella barricata, e svignarsela! Svignarsela tutto tremante, dicendo: «Alla fine, ne ho abbastanza: ho visto quanto mi basta. È la guerra civile e me ne vado!» Abbandonare gli amici che l'aspettavano! Che forse avevan bisogno di lui! Ch'erano un pugno d'uomini contro un esercito! Mancare a tutto ad un tempo, all'amore, all'amicizia, alla parola data! Dare alla sua poltroneria il pretesto del patriottismo! Ma era impossibile; e se il fantasma di suo padre fosse stato lì, nell'ombra, e l'avesse visto indietreggiare, lo avrebbe spinto alle reni col piatto della spada e gli avrebbe gridato: «Cammina dunque, vigliacco!»
In preda ai suoi contrastanti pensieri, abbassò il capo.
Ad un tratto lo rialzò: una specie di meravigliosa purificazione s'era fatta d'un subito nella sua mente. V'è uno schiarirsi del pensiero vicino alla tomba: esser prossimo alla morte fa vedere esattamente. La visione dell'azione in cui si sentiva forse sul punto d'entrare gli apparve, non più deplorevole, ma superba; la guerra della strada si trasfigurò subitaneamente, per non so quale travaglio interno dell'anima, davanti allo sguardo del suo pensiero; tutti gli assillanti punti interrogativi del suo fantasticare si presentarono a frotte, ma senza turbarlo.
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Cosette Mario
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