Nulla di più strano, a quella luce sinistra e vacillante, di quella faccia livida, immobile e stupita, coi capelli irti, gli occhi aperti e fissi, e la bocca spalancata, china sulla via in atteggiamento di curiosità; si sarebbe detto che colui ch'era morto osservasse coloro che stavano per morire. Una lunga striscia di sangue, colato da quella testa, scendeva in rivoletti rossastri dalla finestrella fino all'altezza del primo piano, dove si fermava.
LIBRO QUATTORDICESIMOGRANDIOSITÀ DELLA DISPERAZIONE
I • LA BANDIERA: ATTO PRIMONulla accadeva ancora. Le dieci eran suonate a Saint-Merry ed Enjolras e Combeferre erano andati a sedersi, colla carabina in pugno, vicino alla apertura della grande barricata. Non parlavano: stavano in ascolto, cercando d'afferrare anche il più sordo e lontano suono di passi.
All'improvviso, in quella lugubre calma, una voce limpida, giovane allegra, che pareva venisse dalla via Saint-Denis, s'innalzò a cantare distintamente, sul vecchio motivo popolare Al chiaro di luna, questa poesia, terminando con una specie di grido, simile al canto del gallo:
Mi piange il naso;
Mio buon Bugeaud,
Coi tuoi gendarmiParlar io vo'.
Cappotto azzurro,
Penna al cheppì,
Ecco le guardie:
Chicchiricchì!
Essi si strinsero la mano.
«È Gavroche,» disse Enjolras.
«Ci avverte,» disse Combeferre.
Una corsa precipitosa turbò la via deserta; si vide un essere più agile d'un clown arrampicarsi sull'omnibus e Gavroche balzò nella barricata ansante, gridando:
«Il mio fucile! Eccoli!»
Un fremito elettrizzante percorse tutta la barricata e si sentì il gesto delle mani che cercavano il fucile.
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