«Vuoi la mia carabina?» disse Enjolras al monello.
      «Voglio il fucile grande,» rispose Gavroche.
      E prese quello di Javert.
      Due sentinelle avevano ripiegato ed erano rientrate quasi contemporaneamente a Gavroche; erano la sentinella all'estremità della via e la vedetta della Petite Truanderie.
      La vedetta della viuzza Prêcheurs era rimasta al suo posto, ciò indicava che nulla succedeva dalla parte dei ponti e dei mercati.
      La via Chanvrerie, della quale solo poche pietre del selciato eran visibili al riflesso della luce che si proiettava sulla bandiera, offriva agli insorti l'aspetto d'un grande portico nero, sfumante in una nebbia.
      Ognuno aveva preso il suo posto di combattimento.
      Quarantatré insorti, fra i quali Enjolras, Combeferre, Courfeyrac, Bossuet, Joly, Bahorel e Gavroche erano inginocchiati nella grande barricata, colle teste a filo della cresta dello sbarramento, colle canne dei fucili e delle carabine appoggiate sulle pietre come su feritoie, attenti e muti, pronti a far fuoco. Sei altri, comandati da Feuilly, s'eran collocati, fucile puntato, alle finestre dei due piani di Corinto.
      Trascorsero ancora pochi istanti; poi un rumore di passi, misurato, pesante, numeroso si fece sentire distintamente dalla parte di Saint-Leu; quel rumore, debole dapprima, poi preciso, quindi pesante e sonoro, si avvicinava lento, senza fermata, né interruzione, con una continuità tranquilla e terribile. Si sentiva solo quel suono, ad un tempo silenzio, e il fracasso della statua del Comandante; ma quel passo di pietra aveva un che d'enorme e di multiplo che destava l'idea d'una folla, contemporaneamente a quella di uno spettro.