È grave? In che modo bisogna prendervi, per non farvi male? Dove soffrite? Aiuto, mio Dio! Ma cosa siete venuta a fare, qui?»
E tentò di passarle il braccio sotto la persona, per sollevarla. Nel far ciò, urtò la mano di lei ed Eponina gettò un debole grido.
«V'ho fatto male?» chiese Mario.
«Un po'.»
«Ma v'ho toccato soltanto la mano.»
Ella alzò verso gli occhi di Mario la mano, egli vide in quella un foro nero.
«Che avete a quella mano?» egli chiese.
«È bucata.»
«Bucata?»
«Sì.»
«E da che cosa?»
«Da una palla di fucile.»
«Come?»
«Non avete visto un fucile prendervi di mira?»
«Sì, ed una mano che gli tappava la bocca»
«Era la mia.»
Mario ebbe un brivido.
«Che pazzia! Povera fanciulla! Ma tanto meglio: se si tratta di questo, non è niente. Lasciatevi portare sopra un letto; vi medicheranno. Non si muore per una mano bucata.»
Ella mormorò:
«La palla ha attraversato la mano, ma è uscita dalla schiena. È inutile togliermi di qua; ma vi dirò in che modo potete medicarmi, meglio d'un chirurgo. Sedetevi vicino a me, su questa pietra.»
Egli obbedì; ella appoggiò la testa sulle ginocchia di Mario e, senza guardarlo, disse:
«Oh, così è bello! Come si sta bene! Ecco: non soffro più»
Rimase un momento in silenzio, poi voltò il viso con uno sforzo e guardò Mario.
«Lo sapete, signor Mario? Mi dava fastidio che entraste in quel giardino. Era una cosa sciocca, dal momento ch'ero stata io ad indicarvi la casa; e poi, dopo tutto, dovevo ben sapere che un giovanotto come voi...»
S'interruppe, e, superando i neri vuoti ch'eran certo nella sua mente, riprese con uno straziante sorriso:
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Dio Eponina Mario Mario Mario Mario Mario
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