La sua coscienza, agguerrita contro tutti i possibili assalti dell'avversità, poteva sembrare imprendibile per sempre. Ebbene: chi avesse potuto vedere il suo io interno sarebbe stato costretto a riconoscere che in quel momento essa andava indebolendosi.
Gli è che di tutti i supplizi subiti in quella lunga tortura alla quale lo stava sottoponendo il destino, questo era il più terribile. Mai egli era stato ghermito da una simile tenaglia: sentì il misterioso rimescolìo di tutte le sensibilità latenti, si sentì trafitto nelle sue fibre più intime. Ahimè! La prova suprema o, diciamo meglio, l'unica prova, è la perdita dell'essere amato.
Certo, il povero vecchio Valjean non amava Cosette in modo diverso da quello d'un padre; ma, come abbiam fatto notare già, lo stesso deserto della sua vita aveva introdotto in quella paternità tutti gli amori. Amava Cosette come sua figlia, l'amava come sua madre e come sua sorella; e poiché egli non aveva mai avuto né un'amante né una sposa, e siccome la natura è un creditore che non accetta nessun protesto, anche quel sentimento, il meno facile a perdersi, andava congiunto agli altri, vago, inconscio, puro della purezza dell'accecamento, incosciente e celeste, angelico e divino; meno come un sentimento che come un istinto, meno come un istinto che come una propensione, impercettibile e invisibile, ma reale. E l'amore propriamente detto stava nella sua enorme tenerezza per Cosette come il filone d'oro sta nella montagna, nascosto e vergine.
Ricordi il lettore quella situazione d'anime che già abbiamo indicata.
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Valjean Cosette Cosette Cosette
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