Poi fece il saluto militare.
«Rispetto al messaggio,» disse. «Viene dal governo provvisorio.»
«Da',» fece Jean Valjean.
Gavroche teneva il foglio alzato sopra la testa.
«E non andate a immaginare che si tratti d'un bigliettino dolce. È per una donna, ma è per il popolo; noialtri ci battiamo, ma rispettiamo il sesso. Non siamo come nell'alta società, in cui ci sono degli asini che scrivono galanterie alle civette.»
«Da' qua.»
«In verità,» continuò Gavroche «avete l'aria d'un brav'uomo.»
«Da' qua presto.»
«Prendete.»
E consegnò il foglio a Jean Valjean.
«E spicciatevi, signor Coso, perché la signorina Cosette sta aspettando.»
Gavroche fu soddisfatto d'aver detto quella frase. E Valjean riprese
«Va portata a Saint-Merry, la risposta?»
«Se faceste questo,» esclamò Gavroche «fareste uno di quelli che volgarmente si chiamano pasticci. Questa lettera proviene dalla barricata di via Chanvrerie, ed io torno laggiù. Buona sera, cittadino.»
Detto questo, Gavroche se ne andò, ossia, per dir meglio, riprese verso il luogo dond'era venuto il suo volo d'uccello. Si rituffò nell'oscurità come se avesse fatto un buco, colla rigida rapidità d'un proiettile, e la viuzza dell'Homme-Armé ridivenne silenziosa e solitaria; in un batter d'occhio quel fanciullo, che aveva qualcosa dell'ombra e del sogno, s'era sprofondato nella nebbia di quelle file di case scure e vi si era perduto, come fumo nelle tenebre; si sarebbe potuto crederlo dissipato e svanito se, pochi minuti dopo la sua scomparsa, una fragorosa rottura di vetri e lo splendido patatrac d'un lampione precipitato sul lastrico non avessero bruscamente risvegliato di nuovo i borghesi indignati.
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