L'essere che ingombrava il suo destino scompariva, andandosene da solo, liberamente, di buona volontà; senza che egli, Jean Valjean, avesse fatto nulla per questo, senza che vi fosse colpa da parte sua, «quell'uomo» stava per morire. Forse, anzi, era già morto. E qui la febbre lo portò a far calcoli: «No, non è morto ancora. La lettera è stata visibilmente scritta, per esser letta da Cosette la mattina seguente; ora, dopo quelle due scariche che si sono sentite fra le undici e mezzanotte, non v'è stato più nulla. La barricata sarà attaccata seriamente solo all'alba. Ma è lo stesso; dal momento che 'quell'uomo' è impegnato in questa guerra, egli è perduto: è preso nell'ingranaggio.» Jean Valjean si sentiva liberato. Stava dunque per trovarsi di nuovo solo con Cosette; la concorrenza cessava, l'avvenire ricominciava. Bastava che tenesse in tasca quel biglietto e Cosette non avrebbe mai saputo che fosse accaduto a «quell'uomo». «Basta lasciare che le cose si compiano da sole. Quell'uomo non può sfuggire; se non è ancor morto, certo sta per morire. Che felicità!»
Detto che ebbe dentro di sé tutto ciò, divenne triste.
Poi scese e svegliò il portinaio.
Un'ora dopo, circa, Jean Valjean usciva in completa tenuta di guardia nazionale, armato. Il portinaio gli aveva facilmente trovato presso i vicini quanto gli occorreva per completare il suo equipaggiamento; aveva un fucile carico e una giberna piena di cartucce.
Si diresse verso i mercati.
IV • ECCESSI DI ZELO DI GAVROCHE.
Intanto, a Gavroche, era capitata un'avventura.
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