Si sentiva il rintocco a stormo di Saint-Merry, che non aveva cessato un minuto, dalla vigilia in poi; prova, questa, che l'altra barricata, la grande, quella di Jeanne, resisteva sempre.
Tutte quelle speranze venivan scambiate da un gruppo all'altro in una specie di bisbiglio allegro e terribile, simile al ronzģo guerresco d'un alveare.
Enjolras riapparve, di ritorno dalla sua sinistra passeggiata d'aquila nell'oscuritą esterna. Stette per un istante ad ascoltare quella gioia colle braccia incrociate e una mano sulla bocca: poi, fresco e roseo nel crescente candore del mattino, disse:
«Tutto l'esercito di Parigi combatte ed un terzo di esso preme sulla barricata in cui siete, oltre la guardia nazionale. Ho distinto i berrettoni pelosi del quinto fanteria e gli stendardi della sesta legione. Fra un'ora sarete assaliti; quanto al popolo, ieri ha tumultuato, ma stamattina non si muove. Non v'č nulla da aspettare, nulla da sperare, sia da un solo sobborgo, sia da un solo reggimento. Siete abbandonati.»
Quelle parole caddero sul ronzģo dei gruppi con l'effetto che fa sullo sciame la prima goccia dell'uragano: tutti ammutolirono e vi fu un momento d'inesprimibile silenzio, in cui si sarebbe sentita volare la morte.
Ma fu di breve durata.
Una voce, dal pił oscuro fondo dei gruppi, gridņ ad Enjolras:
«Bene. Alziamo la barricata a venti piedi d'altezza e rimaniamo qui tutti. Facciamo la protesta dei cadaveri, cittadini; facciamo vedere che, se il popolo abbandona i repubblicani, i repubblicani non abbandonano il popolo»
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