Un fisiologo avrebbe potuto studiare su lui i sintomi crescenti di quella fatale tensione febbrile, nota e classificata dalla scienza, che sta al dolore come la voluttà sta al piacere. Anche la disperazione ha la sua estasi; e Mario era proprio a quel punto; assisteva a tutto come dall'esterno e, come abbiamo detto, le cose che si svolgevano davanti a lui gli parevano lontane; distingueva il complesso, ma non scorgeva i particolari. Vedeva coloro che andavano e venivano attraverso un gran fiammeggiare e sentiva le voci parlare come dal fondo di un abisso.
Pure, quella scena lo commosse. V'era in essa come un aculeo, che giunse fino a lui e lo svegliò. Aveva una sola idea, quella di morire, e non voleva disfarsene; ma, nel suo triste sonnambulismo, pensò che, pur perdendosi, non è proibito salvare qualcuno. Ed alzò la voce:
«Enjolras e Combeferre hanno ragione,» disse. «Niente sacrifici inutili. Mi unisco ad essi, poiché bisogna far presto. Combeferre v'ha detto cose decisive; fra voi vi sono di quelli che hanno una famiglia, madre, mogli e figli; costoro escano dalle file.»
Nessuno si mosse.
«Gli uomini ammogliati ed i sostegni di famiglia fuori dalle file!» ripeté Mario.
La sua autorità era grande. Certo, Enjolras era il capo della barricata; ma egli, Mario, ne era il salvatore.
«Lo ordino!» gridò Enjolras.
«Ve ne prego,» disse Mario.
Allora, agitati dalla parola di Combeferre, scossi dall'ordine di Enjolras e commossi dalla preghiera di Mario, quegli uomini eroici incominciarono a denunciarsi reciprocamente.
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