Enjolras gli presentò egli stesso un bicchier d'acqua e, siccome Javert era legato, l'aiutò a bere.
«Non vuoi altro?» riprese Enjolras.
«Sto male a questo palo,» rispose Javert. «Non siete stati troppo teneri ad avermi lasciato passar la notte qui. Legatemi come vi piace; ma potreste bene mettermi coricato sopra un tavolo, come quell'altro.»
E con un cenno del capo indicò il cadavere di Mabeuf.
Come il lettore ricorderà, in fondo alla sala si trovava una tavola ampia e lunga, sulla quale eran state fuse palle e fabbricate cartucce; ora tutte le cartucce essendo fatte e tutta la polvere adoperata, quella tavola era libera.
Dietro un ordine d'Enjolras, quattro insorti slegarono Javert dal palo e mentre lo slegavano, un quinto gli teneva puntata sul petto una baionetta. Gli lasciarono le mani legate dietro la schiena e gli posero ai piedi una corda da frusta, sottile e solida, che gli permetteva di fare passi di quindici pollici, come si fa a coloro che stanno per salire sul patibolo; poi lo fecero camminare fino alla tavola in fondo alla sala, sulla quale lo fecero stendere, strettamente legato a mezza vita.
Per maggior sicurezza, per mezzo d'una corda al collo, venne aggiunto al sistema di lacci, che gli rendevano impossibile qualunque evasione, quella specie di legatura, detta martingala nelle prigioni, che parte dalla nuca, si biforca sullo stomaco e viene a terminare alle mani, passando fra le gambe.
Mentre Javert veniva legato, un uomo, sulla soglia della porta, l'osservava con singolare attenzione.
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