Apparve un cannone.
Gli artiglieri spingevano il pezzo, già incavalcato sull'affusto e dal quale era stato staccato l'avantreno; due sorreggevano l'affusto e quattro stavano alle ruote, mentre altri seguivano col cassone. Si vedeva fumigare la miccia accesa.
«Fuoco!» gridò Enjolras.
Tutta la barricata fece fuoco con una detonazione spaventosa. Una valanga di fumo coprì e nascose il pezzo e gli uomini; dopo alcuni secondi la nuvola si dissipò e il cannone e gli uomini riapparvero. I serventi del pezzo stavano terminando di farlo girare verso la barricata, lentamente, correttamente, senza fretta; non uno era stato colpito. Poi il capopezzo appoggiandosi di peso sulla culatta per alzare il tiro, si mise a puntare il cannone colla gravità d'un astronomo che punti un cannocchiale.
«Viva i cannonieri!» gridò Bossuet. E tutta la barricata batté le mani.
Un momento dopo, esattamente posto in mezzo alla via, a cavalcioni del fossatello di scolo, il pezzo era in batteria. Una formidabile gola si spalancava verso la barricata.
«Su, allegri!» fece Courfeyrac. «Ecco i bruti; dopo il buffetto, il pugno. L'esercito allunga su di noi la zampaccia e la barricata sta per esser sballottata sul serio; perché la fucileria tasta, e il cannone morde.»
«È un pezzo da otto, nuovo modello, di bronzo,» aggiunse Combeferre. «Sono cannoni che, per poco che si sorpassi la proporzione di dieci parti di stagno su cento di rame, sono soggetti a scoppiare: l'eccesso di stagno li rende troppo teneri ed allora formano delle cavità e dei vuoti nel focone.
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Enjolras Bossuet Courfeyrac Combeferre
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