Insomma, egli andava facendosi a questo proposito qualche lieve rimostranza interiore, e temeva i rimproveri di Mario. Allora, per trarsi d'impaccio, prese la via più diritta e mentì vergognosamente.
«Cittadino, ho consegnato la lettera al portinaio, perché la signora dormiva. L'avrà quando si sarà svegliata.»
Mario, nel mandare quella lettera, aveva due scopi: dire addio a Cosette e salvare Gavroche. Ma dovette accontentarsi della metà di ciò che voleva.
Pure, un'associazione di idee si operò nella sua mente, fra l'invio della lettera e la presenza di Fauchelevent nella barricata: e indicò a Gavroche Fauchelevent.
«Conosci quell'uomo?»
«No,» disse Gavroche.
Infatti egli, come abbiam detto or ora, aveva veduto Jean Valjean solo all'oscuro.
Le congetture torbide e insane profilatesi nella mente di Mario si dissiparono. Conosceva le opinioni di Fauchelevent, forse? Magari Fauchelevent era repubblicano, e questo spiegava semplicemente la sua presenza nella barricata.
Nel frattempo Gavroche, già all'altra estremità della barricata, gridava: «Il mio fucile!»
Courfeyrac glielo fece restituire.
Gavroche avvertì i «compagni», com'egli li chiamava, che la barricata era accerchiata. Aveva faticato molto ad arrivare; un battaglione di fanteria, che aveva collocato i fasci d'armi nella Petite-Truanderie, teneva d'occhio la parte verso via del Cygne e, dalla parte opposta, la guardia municipale occupava la via Prêcheurs. In faccia v'era il grosso dell'esercito.
Date queste informazioni, Gavroche soggiunse:
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