Se la cosa fosse continuata, la barricata non si sarebbe più sostenuta: la mitraglia faceva breccia.
Vi fu un clamore di costernazione.
«Impediamo almeno il secondo colpo,» disse Enjolras.
E, abbassando la carabina, prese di mira il capo pezzo, che, in quel momento, chino sulla culatta del cannone, rettificava e fissava definitivamente il tiro.
Quel capo era un bel sergente d'artiglieria, giovanissimo, biondo, dal viso dolcissimo, con l'aria intelligente di quell'arma predestinata e terribile che, a forza di perfezionarsi nell'orrore, finirà per uccidere la guerra.
Combeferre, in piedi vicino ad Enjolras, osservava quel giovane.
«Peccato!» egli disse.«Che cosa orrenda, questo reciproco sgozzarsi! Suvvìa: quando non vi saranno più re, non vi saranno più guerre. Tu, Enjolras, miri quel sergente e non lo guardi; pensa che è un bel giovanotto, intrepido e si capisce che deve pensare, poiché questi giovanotti dell'artiglieria sono molto istruiti. Avrà un padre, una madre, una famiglia e, probabilmente, sarà innamorato; ha tutt'al più venticinque anni, e potrebbe essere tuo fratello.»
«Lo è,» disse Enjolras.
«Sì,» riprese Combeferre «e lo è anche di me. Ebbene, non lo uccidiamo.»
«Lasciami fare. Quel che è necessario dev'esser fatto.»
E una lagrima colò lentamente sulla marmorea gota d'Enjolras. Contemporaneamente, egli premette il grilletto della carabina; balenò un lampo, l'artigliere girò due volte su se stesso, colle braccia stese in avanti e la testa alzata, come per aspirare l'aria, poi s'abbatté col fianco sul cannone e vi rimase immoto.
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