Non tardò.
Il cannone vomitò come un ruggito il suo cartoccio di pallottole; ma non vi fu alcun rimbalzo. La mitraglia abortì sul materasso. L'effetto preveduto era stato raggiunto e la barricata era salva.
«Cittadino,» disse Enjolras «la repubblica vi ringrazia.»
Bossuet ammirava e rideva. Poi esclamò:
«È immorale che un materasso abbia tanta potenza; è il trionfo di ciò che si piega su ciò che fulmina. Ma non importa! Gloria al materasso che annulla un cannone.»
X • AURORA.
In quel momento, Cosette si svegliava.
La sua stanza era piccola, pulita, appartata, con un'alta finestra a levante, sul cortile interno della casa.
Ella non sapeva nulla di ciò che stava accadendo in Parigi, perché il giorno prima non era presente e s'era ritirata nella sua stanza, quando Toussaints aveva detto: «C'è del trambusto.»
Cosette aveva dormito poche ore, ma bene. Aveva fatto sogni dolcissimi; dipendeva in parte, forse, dal fatto che il suo lettuccio era bianchissimo.
Qualcuno, ch'era Mario, le era apparso, avvolto di luce; e si svegliò col sole negli occhi, la qual cosa le fece l'effetto che il sogno continuasse.
Il suo primo pensiero, nell'uscire da quel sogno, fu ridente e Cosette si sentì tutta rassicurata. Stava attraversando, come Valjean poche ore prima, quella reazione dell'anima che non vuole assolutamente saperne della sventura; e si mise a sperare con tutte le sue forze, senza sapere perché. Poi la prese una stretta al cuore. Da tre giorni non vedeva Mario; ma disse fra sé ch'egli doveva aver ricevuto la sua lettera, sapeva dov'ella stava e ch'era tanto sveglio, che avrebbe certo trovato il modo di giungere fino a lei.
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