Questi vi si trovavano, in grazia dei cancelli chiusi. Erano in contravvenzione; s'erano intrufolati nel giardino e v'erano rimasti. I cancelli chiusi non danno luogo alla vacanza degli ispettori e la sorveglianza ha l'obbligo di continuare; ma essa s'infiacchisce, si riposa, e gli ispettori, commossi anch'essi dalla pubblica ansietà e più preoccupati dell'esterno che dell'interno, non badavano al giardino e non avevan visto i due miserabili.
Il giorno prima era piovuto, e un poco anche quel mattino. Ma di giugno gli acquazzoni non contano; è molto se ci si accorge, un'ora dopo un temporale, che quella bella giornata bionda ha pianto. La terra, d'estate, fa presto ad asciugare quanto la gota d'un bimbo.
In quell'istante del solstizio la luce meridiana è, per così dire, penetrante; prende tutto e si applica e si sovrappone alla terra con una specie di ventosa. Si direbbe che il sole abbia sete. Un acquazzone è un bicchier d'acqua e una pioggia è bevuta d'un fiato; se il mattino inondava tutto, il pomeriggio impolverava tutto.
Nulla più mirabile d'una verzura smacchiata dalla pioggia ed asciugata dal sole: è una calda freschezza. I giardini ed i prati, che hanno l'acqua nelle radici e il sole nei fiori, diventano incensieri e fumano di tutti i loro profumi allo stesso tempo. Tutto ride, canta e si offre; ci si sente dolcemente ebbri. La primavera è un paradiso provvisorio e il sole contribuisce a far pazientare l'uomo.
Vi sono esseri che non chiedono di più; vi sono viventi che, quando hanno l'azzurro del cielo, dicono: «Basta!
| |
|