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      Dio eclissa loro l'anima. Formano una famiglia di menti, ad un tempo piccole e grandi; v'apparteneva Orazio, v'apparteneva Goethe e, forse, anche La Fontaine; magnifici egoisti dell'infinito, spettatori tranquilli del dolore, che non vedono Nerone se il tempo è bello, ai quali il sole cela il rogo, che guarderebbero ghigliottinare per cogliervi un effetto di luce, che non sentono né il grido, né il singulto né il rantolo, né la campana a stormo, per i quali tutto è bene, dal momento che il maggio esiste, e che, finché vi saranno nubi purpuree e dorate sul loro capo, si dichiareranno contenti, perché sono decisi ad esser felici fino all'esaurimento dei raggi degli astri e del canto degli uccelli.
      Sono raggianti signori delle tenebre, che non pensano neppure d'essere da compiangere, mentre, certo, lo sono; perché chi non piange non vede. Bisogna ammirarli e compiangerli, come si compiangerebbe e si ammirerebbe un essere che fosse contemporaneamente notte e giorno, il quale non avesse occhi sotto le sopracciglia ma un astro in mezzo alla fronte.
      L'indifferenza di codesti pensatori, è, secondo taluni, indice d'una filosofia superiore. Benissimo; ma in quella superiorità v'è una malattia Si può essere immortale e zoppo: testimonio Vulcano. Si può essere più che uomini e meno che uomini. L'incompleto immenso esiste in natura, chissà che il sole non sia un cieco?
      Ma allora, perbacco! di chi fidarsi? Solem quis dicere falsum audeat? Dunque, perfino certi genii, certi Altissimi umani, certi uomini astri potrebbero sbagliarsi?


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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