I platani rinnovavano la pelle. La brezza formava ondulazioni nella magnificenza dei castagni: uno splendore. Un veterano della vicina caserma, che stava guardando attraverso il cancello, disse: «Ecco la primavera sotto le armi, in gran tenuta.»
Tutta la natura faceva colazione; l'ideale era a tavola. Era l'ora; la grande tovaglia azzurra era stesa in cielo e la grande tovaglia verde sulla terra; il sole illuminava a giorno, e Dio serviva il pasto universale. Ciascuno aveva il suo pascolo o la sua pastura: il colombo trovava la canapa, il fringuello il miglio, il cardellino la stellaria, il pettirosso i vermi, l'ape i fiori, la mosca gli infusorī, il verdone le mosche. Si mangiavan magari un pochino gli uni cogli altri, ciņ che forma il mistero del male, misto al bene; ma non un animale aveva lo stomaco vuoto.
I due piccini abbandonati eran giunti vicino alla grande vasca e, un po' turbati da tutta quella luce, cercavano di nascondersi, istinto del povero e del debole davanti alla magnificenza, anche se impersonale; e s'erano riparati dietro la baracca dei cigni.
Qua e lą, di tanto in tanto, quando il vento spirava in favore, si sentivan confusamente gridi, rumori, un rantolare confuso, ch'era la fucileria e dei colpi sordi, ch'erano cannonate. Sopra i tetti, dalla parte dei mercati, si scorgeva del fumo, e una campana, che pareva un richiamo, suonava in lontananza.
Quei fanciulli non pareva s'accorgessero di quei rumori. Il piccolo ripeteva, di tanto in tanto, sottovoce: «Ho fame.
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Dio
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