Rimase immobile, la bocca aperta.
Jean Valjean proseguì:
«Non credo di poter uscire di qui. Però, se per caso ne uscissi, io abito, sotto il nome di Fauchelevent, in via dell'Homme-Armé, numero sette.»
Javert aggrottò le sopracciglia, come una tigre, con un gesto che gli socchiuse un angolo della bocca, e mormorò fra i denti:
«Sta' in guardia!»
«Andate,» disse Valjean.
Javert riprese:
«Hai detto Fauchelevent, via de l'Homme-Armé?»
«Numero sette.»
Javert ripeté sottovoce: «Numero sette.»
Poi riabbottonò la finanziera, ridiede un po' della rigidità militare al busto, fece un mezzo giro e, incrociando le braccia e sostenendo il mento con una mano, si mise a camminare nella direzione dei mercati; Jean Valjean lo seguiva collo sguardo. Dopo qualche passo, Javert si voltò e gridò a Valjean:
«Voi mi seccate. Uccidetemi, piuttosto.»
Non s'accorgeva nemmeno lui che non dava più del tu a Jean Valjean.
«Andatevene,» disse questi.
Javert s'allontanò a lenti passi. Un momento dopo, aveva svoltato l'angolo di via Prêcheurs.
Quando Javert fu scomparso, Valjean scaricò la pistola in aria. Poi rientrò nella barricata e disse:
«È fatto.»
Ecco intanto cos'era accaduto:
Mario, più occupato dell'esterno che dell'interno, non aveva fino a quel momento guardato con attenzione la spia legata nel fondo buio della sala a terreno; ma quando la vide alla luce del giorno, mentre scavalcava la barricata per andare a morire, la riconobbe, e un subitaneo ricordo gli attraversò la mente. Si ricordò dell'ispettore di via Pontoise e delle due pistole che questi gli aveva consegnate e delle quali egli, Mario, s'era servito proprio in quella barricata.
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