E accettano quella lotta senza speranza e quella stoica scomparsa per condurre alle sue splendide e supreme conseguenze universali la magnifica ascesa umana, incominciata irresistibilmente il 14 luglio 1789. Quei soldati sono sacerdoti, poiché la rivoluzione francese è un gesto di Dio.
Del resto (e conviene aggiungere questa distinzione alle altre già indicate in un altro capitolo), vi sono insurrezioni accettate che si chiamano rivoluzioni, e rivoluzioni rifiutate, che si chiamano sommosse. Un'insurrezione che scoppia è un'idea che passa all'esame davanti al popolo; se questi lascia cadere la palla nera, l'idea è frutto secco, l'insurrezione è temerarietà. Non garba al popolo entrare in guerra ad ogni intimazione ed ogni qual volta l'utopia lo desideri; né le nazioni hanno sempre, a qualunque ora, il temperamento dei martiri e degli eroi.
Esse sono positive e, a priori, l'insurrezione ripugna loro; prima di tutto, perché essa ha spesso per risultato una catastrofe; in secondo luogo, perché ha sempre per punto di partenza un'astrazione.
Infatti (e ciò è bello), è sempre per l'ideale, e solo per l'ideale che si sacrificano coloro che la fanno. Un'insurrezione è un entusiasmo, l'entusiasmo può andare in collera; da ciò le sollevazioni armate. Ma qualunque insurrezione che pigli di mira un governo punta più in alto. Così, per esempio, insistiamo, quello che i capi dell'insurrezione del 1832, e in particolar modo i giovani entusiasti di via Chanvrerie, combattevano, non era precisamente Luigi Filippo.
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Dio Chanvrerie Luigi Filippo
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