E l'esercito si scagliò sulla barricata: ormai, l'abilità stava nella furia. Una potente colonna di fanteria, alternata ad intervalli uguali da guardie nazionali e da guardie municipali e appoggiata da masse profonde che si sentivano senza che si potessero scorgere, sboccò nella via a passo di corsa, tra il rullare dei tamburi e lo squillare dei clarini, a baionette incrociate, zappatori in testa; e, imperturbabile sotto i proiettili, piombò sulla barricata coll'impeto d'una trave di bronzo contro un muro.
Il muro resistette.
Gl'insorti fecero fuoco impetuosamente, e la barricata scalata si coronò d'una criniera di lampi. L'assalto fu così forsennato, che per un momento essa fu inondata d'assalitori; ma si scrollò di dosso i soldati, come fa il leone dei cani e si coperse d'assalitori solo come la costa si copre di schiuma, per riapparire un istante dopo, a picco, nera e formidabile.
La colonna, costretta a ripiegare, rimase ammassata nella via, allo scoperto, ma terribile, e rispose alla ridotta con una spaventosa fucileria. Chiunque abbia visto un fuoco d'artificio ricorderà quel fascio formato da un incrociarsi di razzi, chiamato il mazzolino; ora, immagini il lettore quel mazzolino, non più verticale, ma orizzontale, che porti una palla, un pallino e una scheggia di mitraglia all'estremità di ciascuno dei suoi getti di fuoco e sgrani la morte dai suoi grappoli tonanti. La barricata era sotto quel fuoco.
Eguale risoluzione da ambo le parti. Il coraggio, là, era quasi barbaro ed era complicato da una specie di eroica ferocia, che incominciava col sacrificio di se stesso; era l'epoca in cui la guardia nazionale si batteva come gli zuavi.
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