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      Non era più una battaglia, era l'interno d'un forno; le bocche respiravano la fiamma, i volti diventavano straordinarî, la forma umana pareva impossibile ed i combattenti fiammeggiavan dentro; ed era formidabile l'andirivieni in quel fumo rossastro di quelle salamandre della mischia. Le scene successive e simultanee di quella grandiosa strage sono tali, che dobbiamo rinunciare a dipingerle; solo l'epopea ha il diritto di riempire dodicimila versi con una battaglia.
      Si sarebbe detto quell'inferno del bramanesimo, il più terribile dei diciassette abissi, che il Veda chiama la Foresta delle Spade.
      Ci si batteva a corpo a corpo, a palmo a palmo, a sciabolate ed a pugni, da lontano e da vicino, dall'alto e dal basso, da ogni parte, dai tetti della casa, dalle finestre della taverna e perfino dagli spiragli delle cantine, dove taluni s'erano cacciati. Erano uno contro sessanta. La facciata di Corinto a metà demolita, era orrenda; la finestra, tatuata di mitraglia, aveva perduto vetri e telai, e non era più che un foro informe, tappato colle pietre alla rinfusa. Bossuet fu ucciso; Feuilly fu ucciso; Courfeyrac fu ucciso; Joly fu ucciso; Combeferre, trapassato da tre baionettate nel petto, mentre stava rialzando un soldato ferito, ebbe solo il tempo di guardare il cielo e spirò.
      Mario, che combatteva sempre, era talmente coperto di ferite, in particolar modo al capo, che il suo viso scompariva sotto il sangue; si sarebbe detto che avesse sul viso un fazzoletto rosso.
      Solo Enjolras non era ferito.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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