La lotta sarà grandiosa; e l'ombra che proietteranno, nel grande campo epico in cui si dibatte l'umanità, quel fantaccino e quello studentello di medicina alle prese, sarà uguale all'ombra che getta Megarione, re della Licia piena di tigri, quando afferra a corpo a corpo l'immenso Aiace, pari agli dèi.
XXII • A PALMO A PALMO.
Quando non furono più vivi altri capi, fuorché Enjolras e Mario alle due estremità della barricata, il centro, così a lungo sostenuto da Courfeyrac, Joly, Bossuet, Feuilly e Combeferre, ripiegò. Il cannone, senza fare una breccia praticabile, aveva abbastanza intaccato la parte di mezzo della ridotta, dove la sommità del muro era scomparsa sotto le cannonate, crollando; ed i rottami caduti, ora all'interno ed ora all'esterno, avevano finito per fare, ammucchiandosi da ambo le parti dello sbarramento, due specie di scarpate, l'una all'interno e l'altra all'esterno, l'ultima delle quali offriva all'approccio un piano inclinato.
Vi fu tentato un supremo assalto, che riuscì. L'irta massa delle baionette, lanciate a passo di ginnastica, giunse irresistibile e la densa fronte di battaglia della colonna d'attacco apparve in mezzo al fumo, sulla sommità del muro. Stavolta, era finita; e il gruppo d'insorti che difendeva il centro indietreggiò alla rinfusa.
Allora l'amore della vita si risvegliò in taluni dal profondo. Presi di mira da una selva di fucili, parecchi non vollero più morire, poiché in quell'istante l'istinto della conservazione si mette ad urlare e la bestia riappare nell'uomo.
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