Eran le ultime cartucce. Quand'esse furono sparate, quando quei terribili agonizzanti non ebbero più né polvere né palle, ognuno di essi afferrò una di quelle bottiglie messe da parte da Enjolras, e tennero testa alla scalata con quelle mazze spaventosamente fragili: eran bottiglie d'acido nitrico. Riferiamo questi episodi della carneficina tali e quali. L'assediato, ahimè! fa arma di tutto; il fuoco greco non ha disonorato Archimede, né la pece bollente Baiardo. Tutta la guerra è fatta di orrori, e non v'è da scegliere. La moschetteria degli assedianti, sebbene scomoda e dal basso in alto, era micidiale, e l'orlo del foro del soffitto fu ben presto circondato da teste morte, dalle quali scorrevano lunghi rivoli rossi e fumanti. Il fragore era indescrivibile: il fumo ardente, chiuso nell'interno, avvolgeva di tenebre quella battaglia. Mancano le frasi per descrivere l'orrore giunto a quel punto. Non v'erano più uomini in quella lotta ormai infernale; non erano più giganti contro colossi, assomigliavan più a Milton e a Dante che ad Omero: i demoni attaccavano, gli spettri resistevano. Era l'eroismo fatto mostro.
XXIII • ORESTE DIGIUNO E PILADE UBRIACOFinalmente, salendo gli uni sulle spalle degli altri, aiutandosi collo scheletro della scaletta, arrampicandosi lungo i muri, appendendosi al soffitto, sgozzando, proprio sull'orlo della botola, gli ultimi che resistevano, una ventina d'assedianti, soldati, guardie nazionali e municipali, alla rinfusa, la maggior parte sfigurati dalle ferite al viso in quella terribile ascensione, accecati dal sangue, furiosi e selvaggi, irruppero nella sala del primo piano.
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