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      » Una guardia nazionale; che aveva preso di mira Enjolras, abbassò l'arma, dicendo: «Mi sembra di fucilare un fiore.»
      Dodici uomini s'allinearono su due file all'angolo opposto ad Enjolras e prepararono silenziosamente i fucili. Poi un sergente gridò: «Puntate!»
      Un ufficiale intervenne.
      «Aspettate.»
      E, rivolto ad Enjolras, gli disse:
      «Volete che vi bendino gli occhi?»
      «No.»
      «Siete stato voi ad uccidere il sergente d'artiglieria?»
      «Sì.»
      Da pochi istanti, Grantaire s'era svegliato.
      Come il lettore ricorderà, Grantaire dormiva dalla vigilia nella sala superiore della taverna, seduto sopra una sedia e abbandonato contro una tavola. Egli realizzava, in tutta la sua energia, la vecchia metafora, ubriaco morto; l'orrendo filtro assenzio-birra-alcool l'aveva immerso nel letargo. La sua tavola essendo piccola e non potendo servire per la barricata, gli era stata lasciata. Sempre nello stesso atteggiamento, col petto appoggiato contro la tavola, la testa appoggiata di fianco su ambo le braccia, circondato di bicchierini, di tazze e bottiglie, dormiva di quel sonno pesante dell'orso intorpidito o della sanguisuga piena. Nulla aveva potuto svegliarlo; né la fucileria, né le cannonate, né la mitraglia che penetrava dalla finestra nella sala in cui stava, né il prodigioso fragore dell'assalto; solo, talvolta, rispondeva al cannone col suo russare. Pareva aspettasse che una palla venisse a risparmiargli la fatica di svegliarsi. Parecchi cadaveri gli giacevano intorno e, di primo acchito, nulla lo distingueva da quei profondi dormienti della morte.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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