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      Il chiasso non risveglia un ubriaco, il silenzio, sì. Questa singolarità è stata notata più volte. La caduta di tutto, intorno a lui, accresceva l'annichilimento di Grantaire e la rovina lo cullava; quella specie d'arresto del tumulto, di fronte ad Enjolras, fu una scossa per quel pesante sonno. È come una carrozza al galoppo che s'arresti di botto: gli assopiti nel suo interno si svegliano. Grantaire si rizzò di soprassalto, stese le braccia, si strofinò gli occhi, guardò, sbadigliò e comprese.
      L'ubriachezza che finisce somiglia ad una tenda che si laceri: si vede con una sola occhiata tutto quello ch'essa nascondeva, e tutto ritorna subitamente alla memoria. Così, l'ubriaco che non sa nulla di quanto è accaduto da ventiquattr'ore in poi, non ha fatto in tempo ad aprire le palpebre, che già è al corrente di tutto. Le idee gli ritornano con brusca lucidità; l'annebbiamento dell'ubriachezza, specie di vapore che accecava il cervello, si dissipa e lascia il posto alla limpida e netta ossessione delle realtà.
      I soldati, che fissavano gli sguardi sopra Enjolras, non avevano neppure scorto Grantaire, relegato com'era in un angolo e come riparato dietro il bigliardo, e il sergente stava per ripetere l'ordine: «Puntate!» quando all'improvviso fu intesa una voce forte gridare, a fianco dei soldati:
      «Viva la repubblica! Ci sono anch'io.»
      Grantaire s'era alzato. L'immenso fulgore di tutto il combattimento al quale era mancato, al quale non aveva preso parte, apparve nello sguardo sfolgorante dell'ubriacone trasfigurato.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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