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      Questi aveva preso parte al combattimento solo coll'esporvisi. Senza di lui, in quella fase suprema dell'agonia, nessuno avrebbe pensato ai feriti; grazie a lui, presente dappertutto nella carneficina, come una provvidenza, coloro che cadevano venivano rialzati, trasportati nella sala a terreno e medicati. Negli intervalli, riparava la barricata; ma nulla che potesse rassomigliare a un colpo, ad un attacco e nemmeno ad una difesa personale uscì dalle sue mani. Taceva e soccorreva. Del resto, aveva solo qualche graffiatura; le palle non avevano voluto saperne di lui e, se il suicidio faceva parte di quello ch'egli aveva pensato, venendo in quel sepolcro, in quella parte non era affatto riuscito. Ma noi dubitiamo ch'egli pensasse al suicidio, atto irreligioso.
      Jean Valjean, nella densa nebbia del combattimento, non aveva neppur l'aria d'accorgersi di Mario; ma di fatto non l'abbandonava collo sguardo e quando una fucilata atterrò Mario, Valjean fece un balzo colla agilità d'una tigre, gli si gettò sopra come su una preda e lo portò via.
      Il turbine dell'attacco, in quel momento, era così violentemente concentrato su Enjolras e sulla porta della taverna, che nessuno vide Jean Valjean, il quale sosteneva fra le braccia Mario svenuto, attraversare l'area disselciata della barricata e sparire dietro l'angolo della casa di Corinto.
      Il lettore ricorderà che quell'angolo formava una prominenza sulla via, che garantiva dalle palle e dalla mitraglia, ed anche dallo sguardo, pochi piedi quadrati di terreno.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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