Talvolta, la cloaca di Parigi era presa dal capriccio di traboccare, come se quel Nilo sconosciuto fosse stato all'improvviso colto dall'ira; e v'erano, cosa infame, inondazioni di chiavica. In certi momenti, quello stomaco della civiltà digeriva male, la cloaca rifluiva nelle gorgozzule e Parigi risentiva lo sgradevole sapore del proprio fango. Codeste rassomiglianze della fogna coi rimorsi avevan qualche cosa di buono, poiché erano avvertimenti; male accolti, del resto, perché la città s'indignava che il suo limo avesse tanta audacia e non ammetteva che l'immondizia tornasse indietro. Spazzatela meglio, allora!
      L'inondazione del 1802 è uno degli attuali ricordi dei parigini ottantenni. Il fango dilagò in forma di croce in piazza Victoires, dove trovasi la statua di Luigi XIV; poi penetrò in via Saint-Honoré dai due pozzi di scarico dei Champs Elisées, in via Saint-Florentin dalla fogna omonima, in via Pierre-à-Poisson dalla fogna della Soneria, in via Popincourt dalla fogna del Chemin Vert, in via Roquette dalla fogna di via Lappe; coperse la cunetta centrale della via des Champs Elisées fino ad un'altezza di trentacinque centimetri, e a mezzodì, attraverso lo scarico della Senna, che agiva in senso inverso, penetrò in via Mazzarino, in via Echaudé e in via Marais dove si fermò dopo un percorso di centonove metri, proprio a pochi passi dalla casa abitata un tempo da Racine, rispettando così più il poeta che il re del diciassettesimo secolo. Esso raggiunse la sua massima profondità in via Saint-Pierre, dove s'elevò a tre piedi sul livello delle pietre dell'apertura di scarico, e la sua massima estensione in via Saint-Sabin, in cui s'estese sopra una lunghezza di duecentotrentotto metri.