Ai nostri tempi, dopo aver scavata la galleria di Clichy, con una banchina laterale, per ricevere una condotta principale d'acqua dell'Ourq, lavoro eseguito in trincea, a dieci metri di profondità; dopo avere attraversato gli scoscendimenti, per mezzo di scavi, talvolta putridi, e di puntellamenti, ricoperto a vôlta la Bièvre dal Boulevard dell'Ospedale fino alla Senna: dopo avere, per liberare Parigi dalle acque torrenziali di Montmartre e dare scolo a qualche pozzanghera fluviale di nove ettari che stagnava vicino alla barriera Martyrs, costruita la linea di fogne che va dalla barriera Blanche alla strada d'Aubervilliers, in quattro mesi, giorno e notte, ad una profondità d'undici metri; dopo aver eseguito sotterraneamente, cosa non ancor vista, una fognatura in via Barre-du-Bec, senza trincea, sei metri al disotto del suolo, il sovraintendente Monnot è morto. Dopo aver coperto a vôlta tremila metri di fogna in diversi punti della città, dalla via Traversiêre-Saint-Antoine alla via Lourcine; dopo avere liberato dalle inondazioni piovane, attraverso la diramazione dell'Arbalète, il crocicchio Censier-Mouffetard; dopo aver costruito la fogna di San Giorgio su fondamenta di cemento, nelle sabbie mobili e aver diretto il pericoloso abbassamento del fondo della diramazione di Notre-Dame di Nazareth, l'ingegnere Duleau è morto. Non vi sono bollettini per questi atti di coraggio, che pure son più utili della stupida strage dei campi di battaglia.
Le fogne di Parigi, nel 1832, erano ben lontane dall'essere quello che sono oggi.
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