Se Jean Valjean avesse avuto qualche nozione di tutto ciò che stiamo indicando, si sarebbe subito accorto, solo col tastar la muraglia, di non essere nella galleria sotterranea di via Saint-Denis. Invece della vecchia pietra da taglio, invece dell'antica architettura, altera e regale perfino nella fogna, col fondo e coi filari laterali di granito e malta di calce forte, che costava ottocento lire per tesa, avrebbe sentito sotto la mano il buon mercato contemporaneo, l'espediente economico, l'arenaria stemprata nel cemento idraulico, sopra fondamenta di calcestruzzo, che costa duecento franchi per metro, la muratura borghese, fatta con materiali di scarto.
Ma egli non sapeva nulla di tutto questo, e andava sempre avanti, con ansietà, ma con calma, senza veder nulla, senza saper nulla, immerso nel caso ossia inghiottito nella provvidenza.
In qualche momento, diciamolo, era preso dall'orrore. L'ombra che l'avvolgeva gli entrava nella mente; egli camminava come un enigma. Quell'acquedotto di spurgo è terribile e s'interseca vertiginosamente. È terribile esser afferrato da quella Parigi delle tenebre, nella quale Valjean era costretto a trovare e quasi ad inventare la propria strada; in quell'ignoto, ogni passo ch'egli arrischiava poteva esser l'ultimo. Come avrebbe fatto ad uscir di là? Avrebbe trovato un'uscita? E l'avrebbe trovata in tempo? Quella colossale spugna sotterranea dagli alveoli di pietra si sarebbe lasciata penetrare e attraversare? Non v'avrebbe incontrato qualche inatteso nodo d'oscurità? Sarebbe forse giunto ad un punto inestricabile e insuperabile?
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