I vari viandanti del ponte di Iena, prima d'allontanarsi volgevano il capo per guardare un momento quei due particolari del paesaggio, immobili, l'uomo sulla riva, la carrozza sul lungo Senna.
IV • EGLI PURE PORTA LA SUA CROCEJean Valjean aveva ripreso a camminare senza più fermarsi.
Quel cammino diventava sempre più laborioso. Il livello di quelle vôlte varia; l'altezza media è di circa cinque piedi e sei pollici, calcolata per la statura d'un uomo. Valjean era quindi costretto a chinarsi, per non far urtare Mario contro la volta. Bisognava abbassarsi ogni momento, poi rialzarsi e tastare senza posa il muro; l'umidità delle pietre e la viscosità del fondo ne facevano cattivi punti d'appoggio, sia per la mano, sia per il piede, ed egli inciampava nell'orribile letamaio della città. I riflessi intermittenti degli spiragli apparivan solo a lunghissimi intervalli, e così scialbi, che la luce del sole pareva quella della luna; tutto il resto era nebbia, miasma, opacità e tenebre: Jean Valjean aveva fame e sete, soprattutto sete; e quello, come il mare, era un luogo pieno d'acqua, in cui non si può bere. La sua forza, prodigiosa, com'è noto, e pochissimo diminuita dall'età, incominciava tuttavia a cedere; sopravveniva la stanchezza, e il diminuire delle forze faceva crescere il peso del fardello. Mario, forse morto, pesava come pesano i corpi inerti; Valjean lo sosteneva in modo che il petto non fosse oppresso e la respirazione potesse sempre svolgersi nel miglior modo possibile. Sentiva fra le gambe il rapido guizzare dei topi, ed uno di essi fu tanto spaventato, che giunse al punto di morderlo.
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