La stanghetta scivolò indietro e la porta girò sui cardini. Non vi fu né scricchiolio né stridore, e tutto si svolse con calma; era visibile che quel cancello e quegli arpioni, lubrificati con cura, s'aprivano più spesso che non si pensasse. Quella calma era sinistra e vi si sentivano gli andirivieni furtivi, gli ingressi e le uscite silenziosi degli uomini notturni, e il passo lieve del delitto. La fogna era evidentemente complice di qualche banda misteriosa, e quel cancello taciturno era un ricettatore.
Thénardier socchiuse la porta, lasciando giusto quel tanto che bastasse al passaggio di Valjean, richiuse il cancello, girò due volte la chiave della serratura e si rituffò nell'oscurità, senza far maggior rumore d'un soffio. Pareva camminasse colle unghie vellutate della tigre. Un istante dopo, quella sconcia provvidenza era rientrata nell'invisibile.
Jean Valjean si trovò fuori.
IX • MARIO SEMBRA MORTO A QUALCUNO CHE SE NE INTENDELasciò scivolare Mario sulla riva.
Eran fuori! I miasmi, l'oscurità e l'orrore eran rimasti alle sue spalle e l'aria salubre, pura, vivificante, gioconda e liberamente respirabile lo inondava. Il silenzio era dappertutto, intorno a lui; ma era l'incantevole silenzio del sole tramontato in una gloria d'azzurro. Era il crepuscolo e stava per giungere la notte, la grande liberatrice, l'amica di tutti coloro che han bisogno d'un mantello d'ombra per uscire dall'angoscia; e il cielo s'offriva da ogni parte, come un'enorme calma. Il fiume gli scorreva ai piedi col rumore d'un bacio.
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Valjean Valjean Mario
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