Valjean, fosse per respirare, o macchinalmente, sporse il capo dalla finestra e guardò nella via, ch'era corta e che il lampione rischiarava da una estremità all'altra; trasecolò per lo stupore. Non v'era più nessuno.
Javert se n'era andato.
XII • L'AVOBasco ed il portinaio avevan trasportato nel salotto Mario, sempre disteso immoto sul divano sul quale l'avevan deposto al suo giungere. Il medico, mandato a cercare, era accorso, e la zia Gillenormand s'era alzata.
Ella andava e veniva, spaventata, a mani giunte, incapace di far altro che non fosse dire: «È possibile, mio Dio?» Di tanto in tanto soggiungeva: «Sporcheranno tutto di sangue!» Quando il primo terrore fu passato, una certa filosofia della situazione s'aperse la via nella sua mente, e si tradusse in codesta esclamazione: «Doveva ben finire così!» Però, non giunse fino al: L'avevo ben detto, io! che è di rigore in siffatte occasioni.
Per ordine del medico, si preparò una branda vicino al divano. Il medico esaminò Mario e, constatato che il polso persisteva, che il ferito non aveva alcuna lesione penetrante in cavità e che il sangue all'angolo delle labbra proveniva dalle fosse nasali, lo fece porre supino sul letto, senza guanciale, colla testa allo stesso livello del corpo, anzi un po' più bassa, e col busto nudo, per facilitare la respirazione. La signorina Gillenormand, vedendo che spogliavan Mario, si ritirò e si mise a dire il rosario nella sua camera.
Il torso non era stato colpito da alcuna lesione interna; una palla, ammortita dal portafogli, aveva deviato, facendo il giro delle costole e producendo una lacerazione orrenda, ma non profonda e, quindi, senza pericolo.
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