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      Una quantità di novità enigmatiche gli si chiudevano davanti agli occhi. Si rivolgeva domande, si dava risposte, e quelle risposte lo sgomentavano. Si chiedeva: «Questo galeotto, questo disperato che io ho sempre seguito fino a perseguitarlo e che mi ha tenuto sotto i suoi piedi ed avrebbe potuto vendicarsi e che, anzi, avrebbe dovuto farlo per il suo rancore e per la sua sicurezza, che cos'ha fatto, lasciandomi la vita, facendomi grazia? Il suo dovere? No, qualcosa di più. Ed io, facendogli grazia a mia volta, che cos'ho fatto? Il mio dovere? No, qualcosa di più. Ma dunque, v'è qualcosa di più del dovere?» Qui, si sgomentava; la sua bilancia piegava e, mentre uno dei piatti cadeva nell'abisso, l'altro saliva al cielo; Javert non era meno atterrito da quello in alto che da quello in basso. Senz'essere affatto quel che si dice un volterriano, o un filosofo, o un incredulo, rispettoso, anzi, per istinto, verso la chiesa stabilita, egli la conosceva soltanto come un frammento augusto del complesso sociale. L'ordine era il dogma e gli bastava; da quando aveva raggiunto l'età adulta e di funzionario, aveva messo nella polizia quasi tutta la sua religione ed era (impieghiamo qui le parole senza la minima ironia e nella loro accezione più seria) spia come si è prete. Aveva un superiore, ch'era il signor Gisquet; ma non aveva affatto pensato, fino a quel giorno, ad un altro superiore, Dio.
      Questo nuovo capo, Dio, lo sentiva inaspettatamente, e ne era turbato. Quella inattesa presenza lo disorientava; non sapeva come comportarsi con quel superiore, egli che non ignorava come il subordinato ha sempre l'obbligo di curvarsi e non deve né disubbidire, né biasimare, né discutere e, di fronte ad un superiore che lo sorprende troppo, l'inferiore ha per unica via d'uscita le dimissioni.


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I miserabili
di Victor Hugo
pagine 1886

   





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