Aggiungiamo che l'inqualificabile ordinanza Gisquet, la quale imponeva ai medici di denunciare i feriti, aveva indignato l'opinione pubblica, non solo, ma lo stesso re per il primo; per la qual cosa i feriti furono coperti e protetti da quell'indignazione e, ad eccezione di coloro ch'eran stati fatti prigionieri in flagrante combattimento, i consigli di guerra non osarono molestarne alcuno. Quindi, Mario venne lasciato in pace.
Gillenormand attraversò tutte le angosce, dapprima, e poi tutte le estasi. Stentarono molto ad impedirgli di passare tutte le notti a fianco del ferito; fece portare la sua ampia poltrona vicino al letto di Mario; pretese che sua figlia adoperasse la più bella biancheria della casa per farne compresse e fasce. La signorina Gillenormand, da persona saggia e matura, trovò il modo di risparmiare la miglior biancheria, pur lasciando credere all'avo d'averlo ubbidito; ma Gillenormand non permise che gli spiegassero come per far filacce la batista non valga la tela ordinaria, né la tela nuova la tela usata. Egli assisteva a tutte le medicazioni, dalle quali la signorina Gillenormand s'assentava pudicamente; e quando vedeva tagliare la carne morta colle forbici, diceva: «Ahi! Ahi!» Nulla era più commovente del vederlo porgere al ferito una tazza di decotto col suo dolce tremito senile. Opprimeva il medico di domande e non s'accorgeva che ricominciava sempre le stesse.
Il giorno in cui il medico gli annunciò che Mario era fuori di pericolo, il buon vecchio parve preso da delirio.
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